Chi si dedica all’arte musicale intrattenendo occasionalmente gli ospiti durante eventi come matrimoni o presso locali, spesso si trova a riflettere su come regolare il proprio rapporto con chi commissiona il servizio.
Ecco quindi una breve guida su come gestire le questioni fiscali e contrattuali
Dal punto di vista fiscale e tributario, i musicisti che esibiscono la loro arte in maniera sporadica per uno o più committenti possono includere tali prestazioni nella categoria delle collaborazioni occasionali e operare utilizzando il proprio codice fiscale, evitando così l’apertura di una Partita IVA.
Questa modalità è adatta, ad esempio, per chi, per passione o divertimento, suona in serate nei locali o durante matrimoni e feste, senza svolgere l’attività in modo continuativo.
Che durata hanno le Prestazioni Occasionali?
Le prestazioni occasionali sono caratterizzate da una durata complessiva non superiore ai 30 giorni all’interno dell’anno solare per lo stesso committente, generando un reddito lordo annuo non superiore a € 5.000.
In altre parole, un musicista presta un servizio occasionale quando suona per lo stesso committente al massimo 30 giorni all’anno, e in ogni caso, indipendentemente dal numero di giorni e committenti, quando il guadagno derivante unicamente dall’attività musicale (senza considerare altre fonti di reddito) non supera i 5.000 euro lordi annuali. In presenza di tali condizioni, il musicista non è obbligato ad aprire una Partita IVA.
E’ necessario emettere una ricevuta?
Tuttavia, è comunque necessario emettere una ricevuta o una quietanza che attesti il pagamento effettuato per la prestazione eseguita.
Non esiste un importo minimo al di sotto del quale non sia obbligatorio emettere una ricevuta, quindi anche per importi modesti è richiesta la documentazione.
Questo assicura una corretta registrazione delle transazioni e contribuisce a mantenere la trasparenza nell’ambito dei servizi offerti.